Gli ingredienti di una tesi ben fatta

G

Adoro i miei tesisti. Period 💕😘. Ma se proprio devo trovare loro un difetto🧐, mi pare sia che, almeno all’inizio, approcciano il lavoro di tesi come Teresa, la 🐝 che mi fa compagnia ogni mattina a colazione. [continua dopo la foto]

(C) giuseppetipaldo.com

Teresa è geneticamente programmata per ottenere il massimo con il minimo sforzo: per questo comincia a mangiare dalla punta, che è più dolce, ignorando completamente che senza la base e la lievitazione non ci sarebbe nemmeno la 🍰.  Non lo fa con cattiveria o per egoismo – categorie umane che Teresa nemmeno conosce – è che la selezione della specie l’ha programmata così. È una questione di sopravvivenza. 

Molti studenti entrano nel mood della tesi proprio come la Vespa Teresa: tengono gli occhi fissi sul risultato, talvolta badando bene di non faticare troppo, in altri casi annaspano come un bagnante in difficoltà al largo: si sbracciano ma non si muovono di mezzo metro e, alla fine, esausti colano a picco 🚑.

Non è colpa loro, tranne in quei casi in cui vengono commessi reati (plagio) 💣 e falso in atti pubblici (aka: comprare la tesi o farsela fare) 🚽. È che, paradossalmente, in non pochi atenei è impossibile scovare un corso strutturato che insegni passo-passo agli studenti come si scrive nel registro scientifico e, di conseguenza, come settore la mente per impostare la struttura di un progetto di ricerca scientifica di vasta portata (non è affatto banale scrivere 50-100 o più pagine) 📝♨️. 

La prima lezione di un ipotetico corso, secondo me, dovrebbe dire ai ragazzi queste 4 cose:

✅ UNO. La figura-chiave della tesi SEI TU. Non il relatore/trice, né il controrelatore/trice tantomeno la commissione. Se la copi, la compri, la fai a minchia tirar via non saranno loro a subire i danni maggiori, ma tu. Perché perderai le opportunità di cui parlo al punto 2 ⬇️.

✅ DUE. La tesi è un’opportunità non (sol)tanto per il risultato ma PER IL METODO: il percorso che sei costretto/a a fare è una simulazione su scala ridotta delle difficoltà⚠️, della resistenza sotto pressione 🌋e fuori dalla comfort zone, della capacità di trovare soluzioni creative ed efficaci, della resilienza a urti e torsioni che SARANNO ALL’ORDINE DEL GIORNO 📆 quando uscirai dall’accademia per entrare nel mondo del lavoro (se, dopo l’impatto di Covd-19, ne esisterà ancora uno).

✅ TRE. Se fossi il tuo primo datore di lavoro, ti farei parlare per 2 ore solo della tesi 🗣: non me ne importerebbe (troppo) del voto d’uscita, che misura l’intero percorso più che la qualità della tesi. Tu sei la persona al mondo che meglio conosce la tua tesi, dovresti averla progettata 👷‍♀️, implementata ⚙️🔧 e scritta tu: se non fossi in grado di raccontarmela, di incuriosirmi, di saper sintetizzare i risultati che la rendono degna di nota, di dimostrarmi che hai provato e riprovato ad analizzare il tuo oggetto di studio fino a farti venire i “calli alle mani”… beh, per me saresti come Sarri alla Juve: #out. 

✅ QUATTRO. La tesi ha valore se il candidato spende almeno un capitolo a sviscerare le scelte metodologiche compiute, dimostrando di aver riflettuto su pregi e limiti del disegno della ricerca. Se questa parte manca, la tesi non vale il costo della carta su cui è stampata 🙅🏽‍♂️.

A proposito, NON STAMPATE ❎♻️ la tesi (se il relatore ve lo consente), altrimenti Greta vi blasta alla discussione ⛔️. 

Approfondisci come si fa una tesi di laurea.

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